“Dico spesso che la vita va amata riempiendola di tentativi e che anche quando ti impone difficoltà impreviste, continuare a sorriderle è l’unico modo per fare accadere le cose”. Le parole di Alex Zanardi risuonano come un mantra nel gruppo della Nazionale Paraciclismo. Perché ogni singolo componente del gruppo ha scelto di sorridere alla vita proprio nel momento in cui lei gli ha voltato le spalle. Ogni atleta sa bene cosa significa il termine resilienza, sa bene cosa vuol dire cadere, rialzarsi, crederci sempre e rimanere sé stessi.
Alla vigilia delle Paralimpiadi, i 13 componenti della Nazionale azzurra di Paraciclismo impegnata in queste settimane al raduno collegiale di Rovere hanno una consapevolezza: un sogno non diventa realtà da solo, bisogna corrergli dietro. Ed è questo che continuano a fare ogni giorno, allenamento dopo allenamento. Rincorrono un sogno chiamato Tokyo 2020: alcuni di loro con la voglia di cogliere l’occasione di una vita, altri alla ricerca dell’ennesima conferma dopo una carriera già ricca di soddisfazioni.
Il pluricampione Luca Mazzone è alla sua quinta paralimpiade: “Sono contento, questi saranno i miei secondi Giochi in handbike. Sono orgoglioso soprattutto di rappresentare il Sud, che tante volte nello sport paralimpico non emerge. Mi auguro di fare bene, di dare gioia ai miei tifosi e a chi continua a sostenermi in questo percorso che dura dal 2012". E c’è anche chi, nonostante ben 7 medaglie d’oro mondiali, un bronzo olimpico a Pechino ed un argento a Londra, sta ancora aspettando di vivere nuove emozioni, come Giorgio Farroni: “A leggere il mio nome nella lista dei convocati mi viene la pelle d’oca perché comunque vuol dire che per un ventennio sono stato sempre sul tetto del mondo. Sono convinto di poter fare bene alle prossime Paralimpiadi, soprattutto perché con me ho amici che porterò sempre nel cuore: Michele Scarponi, Mauro Valentini e Alex Zanardi”.
Proprio Zanardi continua ad essere il capitano per molti degli azzurri del Paraciclismo, come per Ana Maria Vitelaru: “Lui pedala ancora con me, le sue braccia spingono le mie e mi permettono di raggiugere mete inimmaginabili” racconta l’atleta del team Obiettivo 3. Che aggiunge: “Alex è stato il mio mentore, un insegnante che trasmette tanto senza doversi spiegare troppo. E lui a me ha trasmesso tutta la passione e l’amore per lo sport".
Chi vive da sempre di sport è Andrea Tarlao, campione del mondo ad Emmen nel 2019, bronzo ai Giochi di Rio e pronto ad affrontare questa nuova avventura chiamata Tokyo 2020: “Ho lavorato tanto per questo appuntamento e ho voglia di veder ripagati tutti i sacrifici fatti da me e dalla mia famiglia. Crescendo la realtà della vita ha tolto un po’ di spazio alla bici ma continua ad essere la mia priorità: non riesco ancora a rinunciare alle sensazioni che provo dopo una vittoria”. Una disabilità con cui ha dovuto combattere sin da neonato ma che ha conosciuto solo a 13 anni. E che l’ha dirottato all’interno di una realtà speciale come quella della Nazionale Paralimpica di ciclismo: “Sapevo che avrei trovato tutte persone motivate a correre contro sé stesse e la propria disabilità, piuttosto che contro gli altri”.
Accanto a Tarlao ci sarà Pierpaolo Addesi, sguardo severo ma sempre pronto alla battuta. E soprattutto a sostenere tutti i suoi compagni con quella parola in più che fa la differenza.
Per l’atleta di Torrevecchia Teatina è la quarta convocazione dopo Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016: “Lavorerò duramente per farmi trovare pronto all’appuntamento più importante della mia carriera in 15 anni di paraciclismo. È un traguardo che condivido coi miei compagni di Nazionale e con la mia famiglia, che è stata la grande forza in tutti questi anni di sacrifici”.
Tanta esperienza sulle spalle ce ne ha anche Michele Pittacolo, 51 anni e ancora tanta strada da percorrere davanti a sé: “Dopo il mio incidente non volevo più saperne della bici. Poi un giorno me ne hanno regalata una e ho deciso di provarla. Ho percorso 5 km in pianura, ma a me sembrava di star salendo sullo Zoncolan. Ero sfinito, ma il giorno dopo ho voluto riprovare per migliorare il mio cronometraggio. Ed è lì che mi sono detto: se con riesco a migliorare con la bici, anche nella vita posso tornare ad essere una persona normale. Quando poi nel 2009 ho scoperto il mondo paralimpico mi sono regalato dei sogni impensabili. Spero che a Tokyo si realizzi il prossimo”.
Una corsa senza freni verso Tokyo, quella di Eleonora Mele: “Mi alleno ogni giorno perché per me è un obiettivo troppo importate. Vestire la maglia azzurra e correre con la Nazionale è un sogno diventato realtà, non voglio mica svegliarmi ora”. “Per me lo sport è divertimento, sfida con me stesso e competizione” le parole di Federico Mestroni, costretto su una sedia a rotelle dal 2003 dopo un incidente con la moto da cross e con ottime prospettive per il prossimo futuro sull’handbike. Federico viene dall’atletica, ha una struttura fisica non indifferente ma soprattutto la piena fiducia del CT Mario Valentini, che da lui si aspetta tantissimo.
Ci si aspetta tanto anche da Diego Colombari, che da dietro al bancone di un pastificio oggi si appresta a volare per Tokyo. “Essere convocati è una soddisfazione enorme” racconta il cuneese. E aggiunge: “Appena entrato nel giro della Nazionale di paraciclismo ho lanciato lo sguardo a Tokyo, determinato ad arrivarci, al mio traguardo... anche se confesso, adesso che ci sono non mi basta. Spero di portare a casa una medaglia”. Chi negli ultimi anni sta dimostrando notevoli progressi, giorno dopo giorno, è Katia Aere: parola del CT Valentini, che osserva e sprona l’ex nuotatrice. Dall’acqua alla strada, Katia ha deciso di divorare anche l’asfalto sulla sua handbike che può coronare il suo grande sogno: partecipare alle Paralimpiadi di Tokyo, “continuando a sfidare il destino e le prognosi e imparando che con il cuore e con la mente si oltrepassano i limiti”.
Valentina Vercillo
COMUNICAZIONE FCI